Intervista al prof. Raoul Saggini

di Marco Musorrofiti

Oggi siamo in compagnia del Professor Raoul Saggini, una figura di spicco nel campo della medicina fisica e riabilitativa. Con una carriera accademica e professionale ricca e variegata, il Professor Saggini ha contribuito in modo significativo allo sviluppo delle pratiche riabilitative e alla formazione di numerosi professionisti nel settore. Scopriamo di più̀ sul suo percorso, le sue esperienze e le sue visioni future attraverso questa intervista.

Musorrofiti: Professor Saggini, potrebbe raccontarci come ha iniziato la sua carriera nel campo della Medicina?

Saggini: Al termine degli studi universitari di medicina e chirurgia, la mia formazione nei primi sei anni è stata dedicata alla specializzazione in Ortopedia e Traumatologia e in  Medicina fisica e riabilitativa presso la scuola universitaria ortopedica e riabilitativa  di Firenze fondata dal famoso professor Scaglietti  poi portata avanti dai suoi successori Stringa e Aglietti con cui ho avuto il piacere di studiare e collaborare in particolare per gli ambiti legati alla chirurgia del ginocchio dell’anca.
In quegli anni fiorentini ho sviluppato un grande interesse per i fenomeni causali delle patologie dell’arto inferiore e mi sono dedicato agli studi, che proprio in quegli anni iniziavano, di analisi quantitativa computerizzata della reazione di vincolo suolo-piede e del movimento dell’arto inferiore; ed è così che intorno agli anni 1984-85 ho avuto l’onore di partecipare a costituire, insieme a personalità di grande rilievo dell’ingegneria elettronica, come il professor Pedotti del Politecnico di Milano, il professor Leo e il professor Cappozzo della Sapienza e il professore Lorini della Cattolica,  il Gruppo di studio sull’analisi quantitativa del movimento umano patrocinato dal CNR italiano. Nel contempo mi occupavo dei fenomeni acuti e cronici che interessavano traumaticamente l’arto inferiore e ciò mi ha portato interessarmi in maniera molto intensa delle lesioni da sport negli atleti professionisti come i marciatori, velocisti, tennisti, calciatori e pallavolisti.
Per questo ho iniziato a lavorare anche nel mondo del calcio collaborando con il professor Leonardo Vecchiet che era il medico della nazionale di calcio che aveva vinto il mondiale nel 1986; insieme a Lui mi sono occupato delle squadre nazionali di calcio fino agli anni 1994-95 , poi ho continuato sempre insieme a Lui a lavorare nella Federazione Gioco Calcio ma soprattutto abbiamo poi istituito presso l’università G. d’Annunzio una strettissima collaborazione scientifica e umana volta ad approfondire le cause e gli aspetti del dolore in specie muscolo-fasciale e gli aspetti di cura riabilitativa dei quadri patologici anche da sport che investono il sistema complesso di movimento qual è l’essere umano ovvero “un bipede eretto instabile”. Questa collaborazione con il mio Mentore prof. Leonardo Vecchiet è proseguita sino al giorno della sua scomparsa avvenuta nel 2007.

Musorrofiti: Quali sono stati i momenti più̀ significativi della sua carriera accademica?

Saggini: La mia carriera universitaria accademica aveva avuto inizio negli anni di vita universitaria fiorentina ma è poi proseguita nell’Università Gabriele D’Annunzio dove nel 1998 sono diventato Professore Associato in Medicina Fisica e Riabilitativa e poi nel 2004 sono stato chiamato sempre nello stesso Ateneo a ricoprire il ruolo di Professore Ordinario in Medicina fisica e riabilitativa. Nel 2007 sono stato eletto presidente del Corso di laurea di Fisioterapia presso la D’Annunzio, ruolo che ho mantenuto sino al 2022, ed in questi anni ho avuto il piacere di laureare come dottori in fisioterapia circa 4.400 giovani studenti: ovviamente questo sia attraverso i normali corsi di laurea sia attraverso i percorsi di riconversione creditizia per i titolari di diplomi a vario titolo fisioterapici che il ministero aveva ritenuto idonei ad effettuare un percorso di riconversione dei crediti loro mancanti per raggiungere la laurea come dottori in fisioterapia. Nel 2014 sono stato eletto e quindi entrato a far parte della commissione permanente nazionale dei corsi di laurea di Fisioterapia di cui ho fatto parte sino al 2022 e insieme ad alcuni colleghi presidenti e direttori tecnici fisioterapisti dei corsi di laurea di Fisioterapia delle università italiane ci siamo occupati di tante questioni sostanziali che una volta superate hanno permesso alla classe dei fisioterapisti di acquisire un profilo professionale ed accademico più idoneo. Nel 2008 sono diventato direttore della scuola di specializzazione in medicina fisica e riabilitativa, ruolo che ho mantenuto sino al 2020, anno in cui il Ministero dell’Università ha deciso di chiudere la Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa della D’Annunzio che esisteva dagli anni 2004, perché non rispondeva più ai requisiti richiesti in quanto la l’Università  D’Annunzio non era stata in grado di arrivare a definire la strutturazione di un reparto di degenza per una serie di incomprensioni con la Asl di Chieti, che con scarsa visione prospettica non si era resa disponibile a creare un reparto di fisiatria ospedaliero. Dal 2012 al 2023 ho ricoperto il ruolo di Referente Nazionale presso il Ministero della Ricerca e dell’Università per le Scuole di specializzazione in Medicina fisica e riabilitativa e in questi anni sono riuscito con i colleghi Ordinari a portare il numero dei contratti di specializzazione a disposizione per l’area della medicina fisica e riabilitativa da un numero di 75 a un numero di 360 contratti: questo sicuramente è stato un grandissimo risultato per l’espansione della cultura fisiatrica nel mondo della medicina italiana.

Musorrofiti: In che modo la sua esperienza all’estero ha influenzato il suo approccio alla medicina riabilitativa?

Saggini: Innanzitutto, vorrei sottolineare che questi quarant’anni di esperienza nel campo della medicina, dedicati alla cura ortopedica, riabilitativa e, negli ultimi 15 anni, anche rigenerativa, sono stati strettamente legati a un percorso di confronto continuo non solo a livello regionale, ma soprattutto a livello nazionale e internazionale. Ho iniziato a viaggiare per il mondo nei primi anni ’80, iniziando i miei studi a Barcellona sotto la guida del professor Antonio Viladot, all’epoca il massimo esperto europeo del piede. Successivamente, ho continuato la mia formazione in vari Paesi europei e negli Stati Uniti, includendo un’esperienza presso il MIT di Boston, dove mi sono occupato di locomozione umana e altri ambiti correlati. Ho avuto modo così di vedere tanti approcci, di capire cosa era realmente efficace per risolvere le patologie di cui mi interessavo e di discriminare ciò che invece era soltanto frutto di un intento pubblicistico ma non di reale efficacia terapeutica nel lungo periodo. L’attività congressuale internazionale è stata sicuramente fondamentale per vedere in faccia i personaggi, sentirli parlare, capire il livello di preparazione e quelle che erano le necessità e le intenzioni per lo sviluppo mondiale della riabilitazione: questo è stato un fatto fondamentale per poi poter comprendere dove muovermi con il mio modello di ricerca e cura in riabilitazione che oggi è sistemico e come renderlo idoneo ai bisogni della società civile che sono così tanto cambiati in questi quarant’anni.

Musorrofiti: Può̀ spiegarci l’importanza della biomeccanica applicata nella riabilitazione e nello sport?

Saggini: La biomeccanica applicata in riabilitazione è una disciplina che utilizza i principi della biomeccanica per analizzare e migliorare il movimento umano in particolare nel contesto del recupero da infortuni malattie o disabilità. La biomeccanica studia le forze interne ed esterne che agiscono sul corpo, gli effetti di queste forze sui movimenti e le strutture corporee. In riabilitazione, la biomeccanica viene applicata per: 1) valutare il movimento: analizza come una persona si muove durante la corsa una camminata o altre attività così da identificare disfunzioni o compensazioni che possono essere causate da infortuni e malattie; 2) prevenzione delle lesioni: consente di individuare i fattori biomeccanici che possono predisporre una persona alle lesioni, permettendo di sviluppare interventi mirati per ridurre questo rischio; 3) pianificare il trattamento: permette così di sviluppare piani di trattamento personalizzati che si basano su una comprensione dettagliata delle disfunzioni biomeccaniche, questa può includere esercizi specifici, l’uso di ortesi ed altre modalità di intervento che mirano a compensare o correggere i problemi meccanici; 4) valutare l’efficacia del trattamento: questo approccio consente di monitorare i progressi del paziente nel tempo attraverso strumenti biomeccanici, come l’analisi del cammino e la misurazione della forza muscolare, per determinare se il trattamento sta migliorando la funzionalità, riducendo il dolore o alleviando altri sintomi. 5) ottimizzare le prestazioni funzionali: aiuta i pazienti a recuperare la massima funzionalità possibile che potrebbe includere il ritorno alle attività quotidiane, allo sport o altre forme di esercizio motorio. In sintesi l’obiettivo finale della biomeccanica applicata in riabilitazione è quello di migliorare la qualità della vita dei pazienti aiutandoli a muoversi in modo più efficiente riducendo il rischio di recidive o di ulteriori complicazioni. Nello sport, si tratta chiaramente di un campo interdisciplinare che integra i principi della meccanica, della fisica e dell’anatomia per analizzare i movimenti del corpo umano durante le attività sportive. Questo approccio permette di comprendere le forze e i movimenti che influenzano le prestazioni atletiche e il rischio di infortuni, con l’obiettivo di ottimizzare l’efficienza del movimento e prevenire le lesioni. La biomeccanica applicata allo sport viene utilizzata per migliorare le prestazioni attraverso l’identificazione delle inefficienze e l’ottimizzazione delle tecniche. Questo approccio permette di incrementare velocità, potenza, precisione e resistenza. Inoltre, consente di ottimizzare
l’attrezzatura sportiva affinché si adatti al corpo umano, migliorando ulteriormente le prestazioni. La biomeccanica è fondamentale anche per valutare e correggere la tecnica, migliorando l’esecuzione del gesto, riducendo il dispendio energetico e aumentando l’efficacia dei movimenti. Se ci concentriamo sulle lesioni sportive, la biomeccanica applicata riveste un ruolo cruciale nell’analisi delle cause delle lesioni, collegando i fattori di rischio specifici alle diverse attività sportive. Questo approccio si focalizza anche sulla prevenzione, attraverso lo sviluppo di programmi di esercizi mirati a potenziare la forza e la flessibilità muscolo-fasciale. L’obiettivo è ridurre il rischio di infortuni minimizzando l’impatto delle forze interne che si oppongono a quelle esterne. Infine per quanto riguarda la riabilitazione permette di progettare dei piani mirati aiutando gli atleti a recuperare nel modo più efficiente così da tornare alle loro prestazioni ottimali e anche se possibile di migliorarle.

Musorrofiti: Come vede l’evoluzione della medicina riabilitativa nei prossimi anni?

Saggini: L’evoluzione si prospetta estremamente dinamica, influenzata da numerosi fattori innovativi. Se ne possono alcuni identificare come decisivi e tra questi vorrei mettere in risalto l’integrazione della tecnologia in particolare a) l’intelligenza artificiale e il machine learning che saranno sempre più utilizzati per rendere individuali i programmi riabilitativi, analizzare le grandi quantità di dati clinici e predire anche l’esito di specifici trattamenti migliorando così l’efficacia delle terapie; b) l’utilizzo della robotica e degli esoscheletri che sta aumentando sempre più e in questa maniera ci rendiamo conto come pazienti con disabilità motorie sono facilitati nel recupero funzionale nonché nelle azioni di supporto; c) l’utilizzo della telemedicina e medicina rigenerativa, in particolare le terapie cellulari con cellule staminali, che hanno dimostrato un notevole potenziale nel la rigenerazione di tessuti danneggiati, come muscoli, tendini e nervi. Questo approccio innovativo promette di svolgere un ruolo cruciale nella riabilitazione, consentendo recuperi significativamente più rapidi e completi sia per  i biomateriali e l’ingegneria tissutale che porteranno allo sviluppo di nuove terapie per la riparazione e la sostituzione dei tessuti danneggiati, migliorando le opzioni del trattamento riabilitativo. Infine è da identificare l’approccio olistico globale e sistemico nonché personalizzato:  con questo intendo che la medicina personalizzata, grazie ai progressi nella genetica, nella farmacogenomica, potrà permettere che i trattamenti riabilitativi siano sempre più adattati alle singole caratteristiche di ciascun individuo migliorando i risultati clinici; è evidente che questo sarà inscindibile da una crescita nella visione globale sistemica del paziente al fine di comprendere la patologia all’interno di quello che è il fenomeno del ciclo vitale del soggetto, della sua evoluzione quale essere unico irripetibile, non approcciabile in senso riduzionistico ma sistemico. In questo l’approccio multidisciplinare ovvero la collaborazione di diverse specialità mediche, fisioterapisti, psicologi ed altri professionisti della salute dovrà essere sempre più integrata permettendo così ai pazienti di utilizzare un percorso riabilitativo completo che tenga conto degli aspetti fisici, emozionali e sociali. Tutto questo è sicuramente molto affascinante ma non potrà esistere se non in un ambito di sviluppo di una sostenibilità economica: quindi sarà fondamentale bilanciare l’innovazione tecnologica con la sostenibilità dei sistemi sanitari, cercando soluzioni che siano efficienti ma anche accessibili dal punto di vista dei costi per i pazienti e per il sistema sanitario nazionale italiano.

Musorrofiti: Può̀ raccontarci un progetto o una ricerca a cui ha lavorato e che ritiene particolarmente innovativo?

Saggini: Sa, in questi 40 anni, numerosi sono stati i progetti che ho sviluppato: negli anni 80 l’analisi del cammino dei pazienti normali e patologici, negli anni 90 l’analisi del movimento degli sportivi e la cura biomeccanica delle relative patologie, dagli anni 2000 mi sono occupato di come integrare l’azione terapeutica farmacologica con l’azione delle cosiddette terapie fisiche che allora erano definite “sono solo macchinette” e che invece negli ultimi 20 anni hanno dimostrato capacità terapeutiche insospettabili attraverso tutta una serie di effetti meccanici, termici, elettrici, vibrazionali, magnetici, così da indurre attività biologicamente anche neuro-modulatorie con riduzione del dolore e attivando i processi di guarigione per  sviluppo di segnali di informazione cellulare. Sempre a partire dagli anni 2000, ho sviluppato attività di ricerca e di pratica clinica intorno al tema della buona e cattiva postura dell’uomo: ciò ovviamente si inserisce nel tema molto più grande della conoscenza sullo sviluppo del fenomeno della dinamica corporea umana nelle varie condizioni prestative, dal bambino all’adulto all’anziano allo sportivo e così via. Questo tema, che avevo già iniziato a esplorare nelle mie ricerche degli anni ’80, ha acquisito sempre maggiore rilevanza nel tempo. Tanto che, tra il 2016 e il 2018, sono stato invitato a far parte come coordinatore di un tavolo tecnico di lavoro istituito presso il Ministero della Salute inerente “GRUPPO TECNICO DI APPROFONDIMENTO SULLA CLASSIFICAZIONE, INQUADRAMENTO E MISURAZIONE DELLA POSTURA E DELLE RELATIVE DISFUNZIONI” che ha consentito a sdoganare nella area medica la Posturologia e a dare delle linee di indirizzo ministeriali essenziali per realizzare un documento di Consensus internazionale pubblicato su una rivista internazionale con elevato impact factor. Intorno agli anni 2010 ho cercato di iniziare a definire le attività di rigenerazione che erano evidenti comparire nell’ambito dei processi di cura riabilitativa così da dare compiutezza al termine riabilitazione ad indirizzo rigenerativo. Questo progetto culturale e scientifico ad indirizzo sanitario che ha visto anche la nascita di una società scientifica SIMRIM, da me fondata insieme a tre illuminati colleghi fisiatri, si è poi molto affermato con la crescita di quella che è definita dai fisiatri “Fisiatria Interventistica”: è solo un primo momento di uno sviluppo che reputo sarà decisivo per la crescita della riabilitazione manu medica. In ogni caso per dare una finale risposta alla domanda che mi ha posto, quello che è sempre stato alla base della mia attività di ricerca e di sviluppo clinico è stato il progetto di realizzare una medicina personalizzata che attraverso un approccio olistico-sistemico permetta la realizzazione di trattamenti riabilitativi adattati alle singole caratteristiche di ciascun individuo in grado di migliorare i risultati clinici. Questo è il leitemotiv che ha unito tutta la mia attività, prima ovviamente in maniera indistinta e poi sempre più distinta nel corso di tutti questi anni.


Musorrofiti:
Quali consigli darebbe ai giovani studenti che desiderano intraprendere una carriera nel campo della riabilitazione?

Saggini: Innanzitutto gli direi che il futuro della area medica è nella rigenerazione e nella prevenzione e siccome la riabilitazione è in grado di determinare rigenerazione e di istituire ambiti di prevenzione, quello che loro hanno scelto di fare nel campo della salute riabilitativa sarà sicuramente foriero di belle cose per loro. Ovviamente un giovane studente di medicina si dovrà porre l’obiettivo di diventare un bravo fisiatra, un giovane studente di fisioterapia un bravo fisioterapista, un giovane studente delle professioni sanitarie potrà pensare come inserirsi all’interno dei contesti molto vasti della riabilitazione, così come anche i laureati magistrali in scienze dell’educazione motoria, che sono i professionisti deputati all’insegnamento dei processi di movimento della locomozione umana e al loro miglioramento. Si deve essere consci che riabilitare l’uomo prevede una conoscenza molto ampia anche perché lo sviluppo delle singole discipline mediche nonché chirurgiche, dalla cardiorespiratoria alla flebolinfologia, dalla malattia neoplastica alle malattie neurodegenerative, dalle malattie osteoarticolari a quelle da lesioni sportive, e così via, hanno determinato la necessità di specialisti della riabilitazione con una grande capacità professionale specifica per il singolo campo ma che sia inserita, nondimeno, nella visione sistemica del quadro generale corporeo che loro andranno a riabilitare.

Musorrofiti: Come bilancia il suo impegno tra attività̀ didattiche, ricerca e pratica clinica?

Saggini: Ho sempre lavorato in maniera molto intensa ma questo perché per fortuna facevo cose che mi piacevano e procuravano soddisfazioni a tutti i miei collaboratori che lavoravano con me negli ambiti della didattica, della ricerca e della pratica clinica. Certo che ho sempre fatto tutto di concerto con le progettualità condivise con le autorità accademiche dell’università dove lavoravo. Oggi che lavoro all’Università eCampus continuo a sviluppare tutte queste attività con la possibilità di adoperare le modalità telematiche di diffusione del sapere oltreché quelle presenziali, tipiche della università pubblica dove ho lavorato per tanti anni. Desidero sottolineare che è inscindibile in riabilitazione il rapporto tra la pratica clinica e la didattica sul campo: non può esserci forma migliore di apprendimento che quella che viene realizzata tra il docente che interagisce con lo studente in presenza del malato che viene studiato, analizzato e curato. Solo in questo caso lo studente avrà maniera di rendersi conto effettivamente di ciò che è la patologia o il complesso delle patologie che di solito ci si trova ad affrontare in un malato da riabilitare e rendersi conto anche del timing riabilitativo che andrà a svilupparsi.

Musorrofiti: Lei è autore, insieme alla professoressa Rosa Grazia Bellomo e al dottor Enricomaria Mattia, del libro “Energie Fisiche per il Terzo Millennio”. Quanto è evoluta questa branca della medicina negli ultimi anni?

Saggini: L’evoluzione è stata enorme: questo è stato alla base della volontà di scrivere un testo che facesse un punto della situazione culturale ed applicativa in questa area. Quest’opera ha visto il concorso di tanti colleghi studiosi delle energie fisiche che hanno dedicato molti mesi per tracciare delle corrette linee di riferimento culturale per ogni singola energia fisica. Abbiamo voluto  delineare le possibilità di utilizzo terapeutico di ogni singola energia fisica, attualizzando le indicazioni e le modalità operative rispetto a quello che era il patrimonio di conoscenza fornito dalla letteratura internazionale sino agli anni pre-Covid. Sono certo che tutti gli i fisioterapisti e i fisiatri potranno avere interessanti informazioni su questo argomento leggendo questa opera.

Musorrofiti: Lei è l’inventore del Sistema Posturale Antigravitario Dinamico (SPAD). Ci può raccontare come è nata l’intuizione di creare un sistema microgravitario che consente una decompressione della colonna vertebrale associata ad un’ottimizzazione dell’equilibrio corporeo e un retraining del cammino?

Saggini: Negli anni ‘90 occupandomi di riabilitazione nel mondo dello sport utilizzavamo in maniera assidua tutti gli esercizi di incremento di flessibilità come lo stretching, tuttavia ci rendevamo sempre conto che arrivavamo ad un punto in cui lo sportivo migliorava e recuperava dalla lesione, nel mondo dello sport si tratta di solito di lesioni da sovraccarico, tuttavia continuava ad avere delle situazioni di deficit funzionale con pericolo di ri-lesione che ci risultavano poco comprensibili. Gli studi che allora realizzavo relativamente all’interazione delle forze, esterne ambientali ed interne corporee, durante il movimento mi avevano reso chiaro che durante il recupero riabilitativo c’era un convitato di pietra che non era possibile contrastare in tutta questa fenomenica ovvero l’azione delle forze ambientali ed in particolare la forza di gravità. Per questo ho iniziato a pensare di utilizzare degli ambienti dove ci fosse una possibilità di ridurre l’impatto di queste forze sul movimento e sulle caratteristiche funzionali dei soggetti: questo ovviamente poteva essere realizzato immergendo un corpo dentro l’acqua e utilizzando quella che è detta comunemente Idrochinesiterapia ma che da tanti anni ho definito con il termine di “riabilitazione in ambiente microgravitario acquatico”. Utilizzando questa metodica avevamo dei miglioramenti tuttavia persistevano sempre dei limiti che erano legati all’uscita del soggetto dall’acqua e all’ impatto con le forze ambientali che di nuovo il soggetto veniva a subire senza nessun tipo di adattamento progressivo; per questo pensai di realizzare un sistema meccanico di sollevamento in ambiente terrestre del corpo umano mettendolo in condizioni di continuare a camminare a vari livelli di degravitazione attraverso l’utilizzo di un tapis roulant. Ovviamente negli anni ‘95 del secolo scorso formulai l’invenzione che prevedeva anche dei sistemi di controllo spaziale del corpo e dei sistemi di trazione, che venivano effettuati attraverso la creazione  di una serie di controlli meccanici a livello dei sottosistemi spaziali sterno-scapolo-omerale e pelvico, utilizzando un corpetto gonfiabile in grado di adattarsi perfettamente al di sotto del livello delle coste e interessando spazialmente il diaframma così da permettere il sollevamento, senza disallineamento del sottosistema di relè vertebrale nel soggetto durante il cammino.
È così che ha avuto inizio questa avventura dello sviluppo del Sistema Posturale Antigravitario Dinamico che poi nel corso di tutti questi anni è stato incrementato nelle sue potenzialità e capacità di funzione attraverso gli studi sperimentali e applicativi clinici, che hanno dimostrato come questo sistema sia veramente di grandissimo rilievo nel fornire una capacità molto più grande di riabilitare tutte le patologie che investono l’essere umano in quanto bipede eretto con una marcata instabilità dinamica.
In sintesi  il sistema consente di effettuare una riprogrammazione posturale unitamente ad una rieducazione al cammino in microgravità, in quanto durante la deambulazione il sistema corporeo, identificato come sistema tridimensionale a catena cinetica e cinematica chiusa,  possedendo articolazioni in grado di esprimere un movimento nei tre piani dello spazio, viene posto nel Sistema Posturale Antigravitario Dinamico (SPAD) in una posizione di simmetria ideale che viene mantenuta attraverso tutta una serie di informatori spazio-recettoriali che consentono al sistema stesso di trasmettere informazioni di retraining motorio e spaziale. Il training di tipo ripetitivo è volto a enfatizzare l’input afferenziale e a migliorare il movimento, come funzione complessa, in un programmato e progressivo allevio corporeo; tutto ciò è risultato ideale per sviluppare forme  di riapprendimento a livello cortico-sottocorticale. La degravitazione della parte superiore del corpo sulla pelvi permette di ridurre il carico a livello della colonna e del bacino, consentendo al paziente di riacquistare uno schema deambulatorio e di simmetria più vicino alla norma attraverso un percorso di neutralizzazione dei compensi di allineamento spaziali e funzionali strutturatisi, con riduzione del dolore ed ottimizzazione della funzione.
Per dire che cosa si può realizzare con l’utilizzo di un sistema del genere sul malato basti pensare che la colonna vertebrale attraverso un corretto allineamento e decompressione inizia a riacquisire i micromovimenti articolari fisiologici, che non sono più presenti  nei malati con rachialgie e nei soggetti in regressione funzionale, che anche le strutture discali e ligamentose interarticolari divengono  in grado di recuperare la capacità di idratazione ed elasticità, ed anche che le capacità di movimento in simmetria dei due emisomi vengono ad essere grandemente incrementate: da tutto ciò risulta un’aumentata capacità di stabilità del sistema corporea nella sua totalità, un incremento della fluidità del passo, una riduzione delle instabilità locali articolari sia per l’arto inferiore sia per il tronco nonché per il sottosistema craniomandibolare. Negli anni ’95 le problematiche legate al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione non erano molto percepite, oggi invece lo sono in maniera importante. Esistono durante l’invecchiamento le instabilità motorie ed anche quelle vertebrali, che creano delle situazioni di pericolo: si pensi agli atteggiamenti molto diffusi di postura flessa che manifestano il progressivo cedimento del bipede eretto alle forze ambientali che lo sopraffanno. L’utilizzo di questo sistema realizza condizioni tali da ridurre in maniera estremamente significative tutti questi fenomeni;  quindi oggi rivedendo la sua collocazione nell’area riabilitativa potrei dire che non è soltanto un sistema di cura ma è anche un sistema di prevenzione di progressive regressioni funzionali.

Musorrofiti: Cosa tratta invece la sua ultima opera letteraria “Sistemi Complessi in Medicina”?

Saggini: Per parlare di questo opera che ho scritto insieme al matematico quantistico Livio Giuliani vorrei fare alcune premesse. Oggi sappiamo che le condizioni di salute nell’uomo e le relative fenomeniche determinate da stati di malattia sono strettamente correlate ai progressivi mutamenti sia climatici ed ambientali sia ai modelli in evoluzione dei rapporti sociali. Considerando la dimensione umana ovviamente anche nella malattia, da una parte dobbiamo essere consapevoli che le conoscenze risultanti dall’approccio riduzionistico sono state decisive nella capacità di indurre sopravvivenza ma non di incidere parimente sulla qualità di vita del genere umano. Per fare meglio si deve affrontare la dimensione sistemica dell’uomo considerando il rapporto che vi è tra la dimensione dell’intero e la dimensione delle parti, consci che nella generalità l’insieme è complesso e che non esiste un insieme solo.  L’opera declina il tentativo di innestare un cambio di paradigma nell’osservazione e studio del paziente non rinnegando nulla del passato che è stato così pieno di scoperte e di sviluppi per l’area medica sia nell’ambito preventivo sia terapeutico interventista sia riabilitativo: tuttavia è solo con un approccio sistemico che ritengo si possa affrontare il paziente del futuro che è sempre più sopravvivente, cronico con comorbilità e trattato con politerapie. Per fare questo viene proposta  una dimensione gerarchica evolutiva con una rappresentazione dell’uomo quale un insieme di sistemi e sottosistemi che interagiscono tra di loro e con l’ambiente circostante così creando quadri di armonia e di disarmonia corporea; ovviamente il tema dell’armonia corporea riporta all’espressione comune del corretto allineamento posturale e noi sappiamo come la conoscenza di tali dati è basilare per un intervento terapeutico corretto nelle disfunzioni posturali che altro non sono che quadri di disfunzione globale del sistema corporeo.
In questa opera clinica sono affrontati gli stati di malattia ed in particolare è presa a modello paradigmatico la Sindrome Biomeccanico Posturale che insieme a diversi colleghi fisiatri abbiamo iniziato a descrivere nel 2007 di cui viene presentato un modello terapeutico riabilitativo costituito sulla base di un approccio globale sistemico, che utilizziamo da oltre 10 anni e che abbiamo definito come Piano di Ottimizzazione Bioprogressivo.

Musorrofiti: Quali sono i suoi progetti futuri?

Saggini: Troppo gentile, finché ne avrò l’opportunità, desidero continuare a dare il mio contributo a questo mondo così affascinante. Vorrei mettere a disposizione l’esperienza che ho maturato in questi anni  per ispirare e promuovere una riabilitazione sempre più personalizzata e centrata sull’essere umano, impegnandomi sia nella ricerca che nell’attività clinica. Vorrei dare sviluppo alla collana editoriale “Dall’unico funzionale di Ippocrate all’attuale pensiero sistemico: nuove prospettive per la Medicina Integrata e Traslazionale” coinvolgendo colleghi che
hanno tanto da esprimere in questi ambiti; aiutare la Università eCampus di cui faccio parte e la sua collegata Link University a sviluppare ancora più l’area formativa sanitaria riabilitativa e le aree a questa prossimali per realizzare passi ulteriori nella diffusione di un processo terapeutico riabilitativo in linea con quello a cui ho lavorato in tutti questi anni.

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