INTERVISTA AL DOTT. GIOVANNI DI GIACOMO

Elena Silvestri intervista il dott. Giovanni Di Giacomo

Spalle indietro e petto in fuori

Giovanni Di Giacomo, responsabile del reparto di ortopedia del Concordia Hospital di Roma, Responsabile Medico dell’ATP tour, chirurgo di fama internazionale, decine di articoli e libri pubblicati. Sono passati 30 anni dalla tua specializzazione in Ortopedia. La prima domanda è: perché la spalla?
La spalla è stata incredibilmente una sorta di coincidenza. Ero andato negli Stati Uniti nel Vermont a seguire il Prof Per Renstrom che negli 80/90 è stato un neofita nell’artroscopia dell’arto inferiore e stava facendo degli studi sul crociato anteriore. Leggendo un articolo di Luis Bigliani nel suo studio, gli chiesi se negli Stati Uniti ci fosse qualcuno all’avanguardia nell’artroscopia anche nella spalla e lui mi indirizzò da David Altchek all’Hospital for Special Surgery di NYC. L’anno seguente dopo essere entrato in contatto con David Altchek, frequentai per diversi mesi l’HSS a New York e proprio in quegli anni ci fu un momento di transizione dalla chirurgia open della spalla a quella artroscopica, quindi seguendo la loro impronta ho avuto la fortuna di cavalcare l’onda.

Giovanni Di Giacomo sul palco. Salta subito all’attenzione l’energia comunicativa e la passione nell’insegnamento. Che messaggio daresti oggi a un giovane che si approccia alla tua professione?
Il consiglio che io posso dare ad un giovane ortopedico o a un fisioterapista che si approccia al mondo della spalla è senza dubbio di aggiornarsi costantemente, di conoscere la lingua inglese e di chiedersi sempre il perché. Il perché della patologia a partire dall’anatomia e a partire dalla biomeccanica funzionale. Sia le indicazioni chirurgiche che l’approccio riabilitativo non possono prescindere dalla profonda conoscenza dell’anatomia funzionale e della biomeccanica.

Dirò una parola che so già ti farà sorridere: OVERLAP
Cara Elena l’overlap è un concetto che per noi ha un significato importante.
Abbiamo dedicato tante energie, diversi articoli e un libro per enfatizzare il concetto di overlap culturale tra fisioterapista e ortopedico alla luce delle nuove tecnologie e procedure chirurgiche e alla luce della superspecializzazione riabilitativa. È impossibile pensare oggi che un fisioterapista e un ortopedico non abbiano gli elementi culturali base per gestire pazienti con patologie conservative e chirurgiche e farlo al meglio senza questo presupposto. L’indicazione, la clinica, le tecniche chirurgiche devono essere di dominio sia ortopedico che riabilitativo. Per un fisioterapista è inimmaginabile pensare di potersi prendere cura di un paziente senza sapere quelli che sono gli step seguiti. Se da una parte il chirurgo si deve preoccupare di scegliere l’adeguata procedura chirurgica per il paziente, il fisioterapista deve conoscere le specifiche del gesto tecnico e saperle tradurre in chiave riabilitativa al meglio. L’ortopedico dovrà curarsi di conoscere il razionale riabilitativo scelto e dare al terapista tutto il supporto necessario per la gestione del paziente in team.

30 anni spalla a spalla con i fisioterapisti, mi commenti questo viaggio insieme?Mah lo commento, come forse già si può percepire dalle risposte alle domande precedenti, è stato e sarà un percorso comune dove la crescita mia è dovuta a quella delle curiosità della cultura di fisioterapisti e sicuramente viceversa. Quindi c’è stato proprio un interesse comune che si è tradotto in un elevato tenore di scientificità, di un ottimo approccio chirurgico e conservativo sui pazienti e inevitabilmente si sono sviluppate anche delle bellissime amicizie che perdurano nel tempo.

Tantissimi traguardi raggiunti, ma se dovessi confessarmi una cosa che nella carriera avresti fatto diversamente? Quale sarebbe?
A questa domanda rispondo in modo un po’ particolare perché rifarei esattamente tutto quello che ho fatto perché anche se, come nella vita di tutti quanti qualche errore di percorso per fortuna c’è stato, è stato senza dubbio uno stimolo a riflettere e migliorare e a raggiungere dei traguardi che hanno superato l’errore stesso, ma che in qualche modo ne sono stato anche il frutto.

Dopo tanta strada fatta ancora oggi trasmetti nel quotidiano la passione nell’apprendere e imparare, nel migliorarsi. Hai avuto un mentore nella tua carriera o più di uno? Cosa hai imparato da loro?
Senz’altro dovuto alla fortuna l’opportunità e mi sono creato l’opportunità di avere diversi mentori. Quindi abbiamo citato prima Per Renstrom, David Altcheck che David Dines, Ben Kibler James Esch. Quindi tanti tanti tra i migliori chirurghi a livello internazionale e da loro ho appreso non solo tecnicamente, ma la cosa più importante del modo di pensare. Modo di pensare che è diverso chiaramente in ogni mentore, quindi cercare di prendere in base a quelle che sono le nostre caratteristiche, il meglio da ogni mentore.

Domanda personale. Ti vediamo ogni giorno impegnato nel tuo lavoro, con i pazienti, in sala operatoria, nell’attività scientifica. Ma chi è Giovanni fuori dal camice, quali passioni hai oltre alla spalla?
Mah, una persona che chiaramente vuole divertirsi, perché è conscio che la vita non è ovviamente solo studio e lavoro, ma necessariamente ci deve essere un momento di recupero. Momento di recupero che deve essere condiviso con la famiglia, con gli amici, con le compagnie, cercando di divertirsi e di fare quello che ci è più consono. In modo particolare, in questo momento, le mi attività sono dirette verso il surf, windsurf, e gli sport da mare e il tennis che pratico con scarsi successi da tanti anni.

La tua data di nascita è Piacenza 7 Ottobre 1963. Sono 60 anni quest’anno…obiettivi futuri?
Il primo progetto è quello di festeggiare, tra l’altro, con tanti fisioterapisti questo sessantesimo che indubbiamente è un traguardo importante per i progetti futuri. Dammi ancora qualche anno per pensarci. Un abbraccio.

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