IL RUOLO DELLA RIABILITAZIONE NEI PAZIENTI CON SCOMPENSO CARDIACO

Luigi Sciarra*, Renata Petroni*

*Cardiology, Department of Life, Health and Environmental Sciences, University of L’Aquila, L’Aquila, Italy.

INTRODUZIONE

La Riabilitazione Cardiovascolare (RC)  rappresenta quella parte della cardiologia clinica dedicata alla cura del paziente cardiopatico post-acuto e cronico, ed ha come obiettivo quello di migliorarne la qualità di vita e la prognosi mediante la prosecuzione della stratificazione prognostica, la stabilizzazione clinica, l’ottimizzazione della terapia farmacologica e non, la gestione delle comorbilità, il trattamento delle disabilità, la prosecuzione e il rinforzo degli interventi di prevenzione secondaria e il mantenimento dell’aderenza alla terapia (1).

INDICAZIONI La RC trova indicazione dopo sindrome coronarica acuta (raccomandazione di classe I, livello di evidenza A), dopo interventi di cardiochirurgia coronarica e valvolare, nella cardiopatia ischemica cronica (raccomandazione di classe I, livello di evidenza B) e nello scompenso cardiaco post-acuto e cronico (raccomandazione di classe I, livello di evidenza B). La RC in tutte queste patologie, si basa su una valutazione complessiva centrata sui bisogni e sugli obiettivi del paziente, su un intervento di stabilizzazione clinica e di ottimizzazione della terapia, sulla prescrizione e implementazione di attività fisica, un supporto educazionale sui fattori di rischio legati allo stile di vita e sul disagio socio-emotivo e su un counseling specifico (anche mirato all’aderenza terapeutica) e infine sulla valutazione periodica degli outcome (1). LA RC non può essere destinata invece a quei pazienti che presentano una modesta probabilità di recupero funzionale, come pazienti con importante disabilità motoria o compromissione dello stato cognitivo preesistente all’evento acuto o i soggetti con breve aspettativa di vita.LA RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLARE NELLO SCOMPENSO CARDIACO
Lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica caratterizzata da sintomi tipici (dispnea, edemi declivi e facile faticabilità) e segni clinici (elevata pressione venosa giugulare, rantoli polmonari ed edema periferico). Alla base di questa sindrome vi sono anomalie cardiache strutturali e/o funzionali che determinano un aumento delle pressioni intracardiache e/o una inadeguata portata cardiaca a riposo e/o sotto sforzo (2). Va inoltre sottolineato che lo scompenso cardiaco rappresenta un processo continuo costituito da quattro stadi interconnessi: Lo stadio A comprende i pazienti che presentano un rischio elevato di sviluppare lo SC ma non hanno una cardiopatia strutturale o sintomi di SC (ad es. pazienti con diabete o ipertensione). Lo stadio B comprende i pazienti che hanno una cardiopatia strutturale ma non presentano sintomi di SC (ad es. pazienti con infarto miocardico [IM] pregresso e disfunzione VS asintomatica). Lo stadio C comprende i pazienti che hanno una cardiopatia strutturale e hanno sviluppato i sintomi dello SC (ad es. pazienti con IM pregresso che presentano dispnea e astenia). Lo stadio D comprende i pazienti con SC refrattario. Figura 1

Lo scompenso cardiaco è stato suddiviso in differenti fenotipi sulla base della misurazione della frazione di eiezione ventricolare sinistra: HFrEF, con frazione d’eiezione ridotta (≤40%);  HFmrEF, con frazione d’eiezione lievemente ridotta (41-49%); HFpEF, con frazione d’eiezione conservata (≥50%) (2).

Storicamente, i pazienti con scompenso cardiaco sono stati considerati a rischio nella pratica dell’esercizio fisico e pertanto non incoraggiati all’esecuzione di attività fisica. Contrariamente a ciò, diversi studi hanno dimostrato la sicurezza e soprattutto i benefici con scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata (HFpEF)   e riduzioni dei ricoveri per scompenso cardiaco nei pazienti con HFrEF (7-12).
L’intolleranza all’esercizio, l’affaticamento cronico e l’incapacità di svolgere attività sono manifestazioni cardinali dello scompenso cardiaco e sono associati a una scarsa qualità della vita (13) e a esiti avversi (14). Indipendentemente dalla funzione ventricolare sinistra, i pazienti con una migliore prestazione fisica hanno tassi di mortalità e ospedalizzazione più bassi (15).

Le ragioni dell’intolleranza all’esercizio nei pazienti con scompenso cardiaco sono multifattoriali e comprendono meccanismi cardiaci centrali e periferici (16–19). La gittata cardiaca inadeguata e le pressioni di riempimento elevate provocano in questi pazienti un aumento insufficiente della perfusione dei muscoli sottoposti a esercizio, che portano a metabolismo anaerobico precoce e affaticamento muscolare (20-22). Giocano un ruolo anche la disfunzione del muscolo scheletrico, che si manifesta con una ridotta estrazione periferica di ossigeno e alterazioni nella composizione delle fibre, nell’efficienza contrattile e nel  metabolismo (16,18 23-26). Altri fattori includono la disfunzione endoteliale, l’obesità, l’aumentata attivazione simpatica, la vasocostrizione e l’aumento dei livelli di citochine infiammatorie (27-28). Esistono probabili differenze nella fisiopatologia dell’intolleranza all’esercizio nei pazienti con HFrEF rispetto a quelli con HFpEF. È probabile che l’incompetenza cronotropa presente nei pazienti con HFpEF svolga un ruolo chiave nel limitare l’esercizio fisico.

Inoltre, nei pazienti con scompenso cardiaco vi è un inversione o attenuazione dell’attivazione neuro-ormonale e infiammatoria e del rimodellamento ventricolare (29-32); si è visto che in questi soggetti l’allenamento fisico è associato al miglioramento della funzione vasomotoria ed endoteliale, delle caratteristiche e della funzione morfologica dei muscoli scheletrici, delle pressioni di riempimento ventricolare, della prestazione fisica e della qualità della vita (29-41). Effetti benefici dell’allenamento fisico

L’allenamento fisico porta a miglioramenti dello stato emodinamico e della funzione vascolare periferica, endoteliale e dei muscoli scheletrici (42), attenuazione dell’attivazione simpatica e neuro-ormonale (30,34–36), riduzione dei livelli circolanti di pro-BNP  (32) e aumenti del tono vagale (29-34). 

Una meta-analisi di studi randomizzati e controllati sull’allenamento fisico in pazienti con scompenso cardiaco cronico ha riportato che l’allenamento aerobico è associato a miglioramenti piccoli ma significativi della funzione sistolica del ventricolo sinistro e dei volumi telediastolici e telesistolici (44). In un’altra meta-analisi su pazienti con HFrEF clinicamente stabili, l’allenamento fisico è stato associato a un modesto aumento della funzione sistolica del ventricolo sinistro, con i maggiori benefici che si verificano con l’allenamento a lungo termine (> 6 mesi).

Anche gli effetti benefici dell’allenamento fisico sulla struttura e sulla funzione del muscolo scheletrico sono ben caratterizzati, con un aumento significativo della capacità ossidativa del muscolo scheletrico (45), correlato ai cambiamenti nella capacità funzionale e VO2. In recenti meta-analisi, l’allenamento fisico è stato associato a una riduzione dell’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e, in alcuni report, dell’ospedalizzazione per tutte le cause (46-48). 

Esistono dati emergenti sui benefici dell’allenamento fisico anche nei pazienti con HFpEF (49-53).

Numerosi studi e meta-analisi hanno dimostrato miglioramenti significativi nella capacità di esercizio di picco e submassimale, nella capacità cardiorespiratoria e nella qualità della vita nei pazienti con HFpEF (49, 50, 53,54). Nel complesso vi è evidenza concordante che l’allenamento fisico conferisca benefici in termini di miglioramento della capacità di esercizio e della qualità della vita correlata alla salute e sembra essere sicuro nei pazienti con HFpEF.

Tuttavia, non vi sono ancora dati sufficienti per valutare l’efficacia o la sicurezza della RC per i pazienti con sintomi attivi di scompenso cardiaco in classe funzionale IV NYHA o in stadio D (55-56). Nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato di classe funzionale NYHA III, l’allenamento fisico a lungo termine è stato associato ad un miglioramento del volume sistolico e ad una riduzione della cardiomegalia (57). Se un paziente con scompenso cardiaco avanzato può tollerare l’attività fisica, l’allenamento fisico può migliorare la qualità della vita (55-56). 

In figura 2 sono riportati gli effetti benefici dell’allenamento fisico nei pazienti con scompenso cardiaco ed i meccanismi ritenuti alla base di tali effetti.


Il programma Riabilitativo nel paziente con Scompenso cardiaco

Un programma di Riabilitazione in pazienti con scompenso cardiaco prevede diverse componenti: oltre l’allenamento fisico, è importante la valutazione del paziente che spesso presenta multiple comorbidità, l’educazione sull’aderenza ai farmaci, la modifica dei fattori di rischio comprese le raccomandazioni dietetiche, la modifica dello stile di vita, la consulenza per smettere di fumare, la gestione dello stress e la valutazione e la gestione delle barriere all’adesione.   (58-60).

È importante notare che nei pazienti con malattie cardiovascolari, alcuni degli effetti benefici della Riabilitazione nel ridurre la mortalità cardiovascolare e le ospedalizzazioni sono stati attribuiti alla riduzione del fumo, del colesterolo e della pressione sanguigna in aggiunta all’esercizio fisico (61-62), sottolineando che gli obiettivi chiave non sono solo migliorare la salute fisica e la qualità della vita, ma anche aiutare le persone con scompenso cardiaco a sviluppare le competenze necessarie per autogestirsi e per modificare il proprio stile di vita (63). Pertanto, un programma di Riabilitazione completo dovrebbe contenere specifiche componenti che ottimizzano la riduzione del rischio cardiovascolare, promuovono comportamenti sani e compliance, riducono la disabilità e promuovono uno stile di vita attivo (60).

Gli obiettivi della RC sono la stabilizzazione clinica e il controllo dei sintomi, la riduzione del rischio cardiovascolare globale, il raggiungimento di una maggiore aderenza alla terapia farmacologica, l’implementazione di un migliore stile di vita al fine di raggiungere una migliore qualità di vita, una migliore integrazione sociale ed una migliore prognosi (64-65). Quanto sopra è ottenibile da uno staff multidisciplinare, coordinato da un cardiologo e che include l’infermiere, il fisioterapista, il terapista occupazionale, il dietista e lo psicologo, in grado di delineare un intervento multidisciplinare. 

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