IL RUOLO CRUCIALE DEL FISIOTERAPISTA: RIFLESSIONI SULLA SENTENZA DI UDINE
DI MARCO MUSORROFITI
Recentemente ha destato grande attenzione la sentenza del Tribunale di Udine che ha assolto un fisioterapista accusato di abusivismo della professione medica per aver inviato un paziente al medico di medicina generale con osservazioni fisioterapiche effettuate tramite ecografo. I giudici hanno riconosciuto che il fisioterapista si era limitato a inviare il paziente al medico con una “diagnosi fisioterapica” di sua competenza, suggerendo ulteriori approfondimenti. Questa sentenza sottolinea un aspetto fondamentale: il fisioterapista deve avere la possibilità e le competenze per effettuare una sua valutazione, interagendo in modo appropriato con il medico per offrire una cura ottimale.
Negli ultimi anni, la figura del fisioterapista ha assunto un ruolo sempre più cruciale nel percorso di guarigione dei pazienti.
La presenza di questo professionista nel team riabilitativo è fondamentale per garantire un approccio integrato e multidisciplinare. Il fisioterapista non è solo un esperto nella terapia manuale, ma porta con sé una profonda conoscenza dell’anatomia, della fisiologia e della biomeccanica, competenze indispensabili per valutare e trattare specifiche alterazioni del movimento e disabilità fisiche.
La formazione del fisioterapista è diventata sempre più specialistica, permettendo di sviluppare piani di trattamento personalizzati che mirano a ridurre il dolore e prevenire problematiche muscolo-scheletriche. Tuttavia, è essenziale aumentare il bagaglio culturale di questa figura professionale. I tre anni del Corso di Laurea oggi non sono più adeguati come formazione, ma soprattutto abbiamo bisogno di percorsi magistrali adatti per il ruolo che ricopriamo.
Per questo motivo, sebbene la sentenza rappresenti un importante riconoscimento del progresso della professione del fisioterapista, lascia anche un po’ di amarezza. Nessuna Università italiana attualmente insegna ai fisioterapisti come utilizzare uno strumento importante come l’ecografo nel proprio ambito professionale. Nel contesto universitario nessuno ci insegna a valutare con un ecografo una lesione muscolare, già diagnosticata e refertata dal radiologo, per poter poi eseguire una terapia fisica più mirata.
Questo evidenzia la necessità di una riforma universitaria che migliori il corso di laurea in fisioterapia, rendendolo più uniforme rispetto agli standard europei, come Inghilterra e Stati Uniti, ampliando le competenze di questa figura sempre più cruciale in ambito riabilitativo.
È fondamentale che i fisioterapisti non sconfinino in altre competenze, ma al contempo possano aumentare le loro capacità all’interno del proprio ambito professionale.
Mi auguro che, nel prossimo futuro, il fisioterapista possa contare su una formazione universitaria sempre più ampia e possa utilizzare le tecnologie a disposizione per svolgere al meglio il proprio lavoro. Spero vivamente che una riforma universitaria colmi questo gap il più presto possibile, permettendo ai fisioterapisti di offrire un contributo ancora più significativo al sistema sanitario e migliorando la qualità delle cure fornite ai pazienti.