IL DOLORE IN FISIOTERAPIA

di Marco Bonifacio

Capire e trattare il dolore è una della sfide più importanti e coinvolgenti che riguardano il fisioterapista e più in generale qualsiasi operatore sanitario. Ma che cos’è il dolore? L’ultimissima classificazione dello IASP (International Association Study of Pain) rivista da una task force di esperti 40 anni dopo la prima (1979) cita così : ”il dolore è una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a, o che assomiglia a quella associata, un danno tissutale attuale o potenziale”. Le note a corredo sottolineano ancora meglio la definizione parlando di fattori bio-psico-sociali, di differenza tra dolore e nocicezione, di rispetto dell’esperienza dolorosa, dell’apprendimento del dolore attraverso le esperienze di vita, dell’effetto negativo sul funzionamento e sul benessere psicosociale nonostante il ruolo adattativo fino ad arrivare al concetto che la descrizione verbale è solo uno dei tanti comportanti usati per esprimere il dolore e che l’incapacità di comunicarlo non nega la possibilità di un essere umano o di un animale di sperimentare il dolore.

Questi aspetti “tridimensionali” del dolore ci evidenziano in maniera netta come i nostri pazienti possano avere dei notevoli peggioramenti della vita quotidiana e delle relazioni sociali. L’intervento su ognuno di questi aspetti è un presupposto indispensabile per un piano terapeutico completo ed efficace. Tutto molto bello e chiaro ma come lo possiamo tradurre concretamente nella nostra attività clinica quotidiana di fisioterapisti? Qui sorgono i primi problemi.

Spesso derivanti dal bisogno/abitudine di ognuno di noi di dare più o meno importanza ad un aspetto sull’altro. Evidentemente da questo momento in poi lo scrivente darà una sua personale interpretazione cercando di appoggiarsi a quello che le moderne neuroscienze ci suggeriscono. Senza mai perdere di vista l’obiettivo che rimane quello di dare sollievo a chi varca la porta dei nostri studi.

C’è una semplice ma fondamentale domanda a cui cerco di rispondere ogni qualvolta qualcuno mi cerca per un disturbo che lo affligge: cos’ha? Capire è il primum movens per qualsiasi professionista sanitario. Questo a maggior ragione riguarda chi prova dolore. Che tipo di dolore è? Quali sono i meccanismi patogenetici? Siamo nell’ambito ancora del “segnale di allarme” o è diventato una “malattia nella malattia”? Domande che solo in apparenza sono semplici ma che nascondono conoscenze che spesso non abbiamo o sono sostituite da banali credenze o peggio da pregiudizi.

Concetti che riguardano la Sensibilizzazione periferica e quella Centrale, la Sincronizzazione neuro-immune, la Neuroinfiammazione, il dolore acuto, quello cronico ed il dolore persistente, devono essere ben assimilati ed integrati ad una altrettanto precisa e puntuale intervista da somministrare ai nostri pazienti in sede di Valutazione fisioterapica. Il dolore è ancora nel tessuto o si è memorizzato altrove? Il nesso causa/effetto è ancora presente? Ci verrà in aiuto un aneddoto di una paziente che si rivolge al mio studio con disturbi all’arto inferiore di natura sciatalgica.

Attribuiti da una delle tante figure che popolano il sottobosco allargato della nostra professione, ad un conflitto interiore per la separazione dal marito. Ad una valutazione nemmeno tanto difficoltosa, la paziente mostrava un piede cadente a sinistra. Inviata naturalmente al neurochirurgo per la diagnosi, l’elettromiografia ci raccontava di una sofferenza acuta con denervazione importante.

Ora, che una paralisi transitoria possa rendere più difficoltosi gli aspetti psicologici con il proprio partner potrebbe anche essere. Che il contrario possa dare una neurotmesi di un nervo lo trovo alquanto improbabile. Il dolore neuropatico è ben inquadrabile e con caratteristiche ben precise e purtroppo, alle volte, con possibilità di danneggiamento grave delle vie nervose. Così come esiste il dolore psicogeno da conversione o allucinatorio. Tutto deve essere ben inquadrato e chiaro. Tanto più il dolore perde la sua caratteristica di segnale di allarme diventando persistente, tanto più può influire sulla plasticità neuronale.

Fino a portare a quadri di ipereccitabilità centrale (transitoria) fino al temutissimo dolore cronico. Viene da sé la considerazione che il dolore cronico sia quello che ha più chances di modificare la nostra vita quotidiana, la nostra psiche e i nostri rapporti interpersonali e sociali. Il paziente “impara il dolore” e a sviluppare la sua risposta emozionale ad esso. L’inquadramento algologico dovrebbe essere una delle materie cardine dei corsi di fisioterapia. Cosa possiamo fare con i pochi mezzi che ci fornisce la nostra striminzita preparazione riguardo i meccanismi del dolore e la sua valutazione? A) Andarceli a studiare. B) Uscire dall’idea che solo parlare di aspetti bio-psico-sociali del dolore ci possa aiutare a trattarlo efficacemente. C) Fare le giuste domande in sede di Valutazione. Per finire cercherò di dare risposta alla domanda che clinicamente ritengo più importante: un fisioterapista può interrompere quei meccanismi patogenetici che possono far diventare un dolore acuto prima persistente poi cronico e disturbare in maniera importante sia psicologicamente che socialmente un nostro paziente? Oggi la conoscenza approfondita sulla Sensibilizzazione e sull’Infiammazione neurogena ci danno tanti spunti, anche speculativi, per provarci. Magari se ne potrebbe parlare nei prossimi articoli. Per ora mi congedo con una considerazione poco scientifica ma molto pratica che mi ripeto sempre.

Il paziente viene dal fisioterapista perché ha dolore e cerca sollievo, altrimenti starebbe molto più volentieri al bar a farsi un aperitivo. Un fisioterapista “moderno” e preparato deve aggiornarsi e conoscere tutte le basi neurobiologiche del dolore per inquadrare algologicamente il paziente capendo la patogenesi e successivamente aprire (o farsi aiutare ad aprire) la famosa “finestra terapeutica” per proporre l’enorme gamma di interventi terapeutici che sono i più importanti per arrivare alle cause dei disturbi e per trattarli efficacemente.

Dott. Marco Bonifacio
Fisioterapista e titolore del Poliambulatorio Fisioterapiamedica di Civitavecchia

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